“L’Area di Broca” n. 114-115
Conflitti
I miei testi
I miei soldati
hanno pugnali saldi
e pettorali sporchi.
Sui tuoi nel sonno
è facile vittoria.
Ma nessuno torna.
Restano là, dentro al silenzio
indistinti, confusi con i vinti:
lo stesso volto.
Ombra che si getta su altra ombra
e l’ama perché affine.
Un solo esercito che aspetta
di essere sepolto
al mattino nella mente
o in fondo al corpo
finché il tempo
ne fa bianco corredo:
memoria di altra vita
nella notte
ancora in piedi
– armata in terracotta.
*
La ferita
Nel ripulirle i bordi
aspetteremo
che a forza di guardarla
riveli un tratto familiare
e che al mattino
il male si raccolga
come vegliando
un cadavere supino, forestiero
con indosso l’uniforme del nemico
tra le spighe scure, chine
accanto al fosso.
*
Volgerà alla fine
anche questa battaglia
non vista
con la naturalezza
dei fossili, dei clasti
a riposo
nel chiuso dei versanti.
In ciascuno
la ressa
di vite, di detriti, la fatica
sarà scasso
per il tempo a venire
– un lascito migliore.
*
Dall’alto del colle
Il tonfo
dei disarcionati
lo schianto dei vessilli
il cozzo di corazze
tra il crepitio degli elmi
è questo, appena:
un tremito di terra sotto i palmi.
Da qui
null’altro si distingue
che un fiacco balenio.
Tra il fondo della valle
e la ventosa cima del pendio
quale distanza?
Non si misura in ore
di cammino o in dislivelli
ma in una sola cosa:
la vista
non teme più lo spazio
e coglie all’improvviso
il senso della luce:
la mano si disserra
˗ in punta al giavellotto
un nuovo inizio, un lancio
che mi scaglia.
Mi tendo e vibro (sospesa
felice traiettoria di un pensiero)
e non atterro.