A grandezza naturale
Arcipelago Itaca, 2020
Testi scelti e riscritture
Dalla Prefazione di Daniele Barbieri:
La ragione dei sensi
[…] Questo universo crepuscolare porta con sé l’essere nella sua massima dimensione, pur coglibile solo per sprazzi, d’improvviso, confusamente, estaticamente. La prima sezione, “Il senso e l’andatura”, è quella dove questa relazione viene posta con forza programmatica: le cose del mondo vi sono concrete, materiali, e lo stesso vale per gli eventi, ma ugualmente rimandano al tempo, alla vita, all’anima, all’essere. E l’essere è insieme esistenziale, sentimentale, ma anche matematico, geometrico. […] Nella seconda sezione, “Cento modi per chiamare o nessuno”, la materia è ormai abbondantemente quella del linguaggio, del segno. Ma il mistico non ha davvero lasciato del tutto il posto al teologo: l’unica ragione (che la ragione non conosce) è infatti qui quella del senso, il più potente forse tra i sensi. Tuttavia, se le cose materiali del mondo racchiudono nascoste verità, forse quelle particolari cose che sono le parole possederanno a loro volta le proprie, generate anche a partire dalla loro quotidiana consunzione, dalla loro apparente banalità, dal loro essere memoria. È così che la terza sezione, “Voci abitate”, mette a contrasto la concretezza degli oggetti con un’altra astrazione, quella della memoria. Eppure, ormai, dalle vette dell’essere in cui ci aggiravamo all’inizio, siamo discesi ad astrazioni meno remote, quasi tangibili. Poiché questa è poesia, cioè qualcosa che si fa con le parole, la concretezza degli oggetti e l’astrazione del ricordo tendono a confondersi qui in quanto entrambe espresse attraverso parole. Dell’ermetismo non rimane che un sospetto, a evocare l’idea che questa concretezza ci rimandi ad altro – ma questo altro non si manifesta più nel discorso in maniera diretta. È solo l’amore per gli ossimori, per i paragoni azzardati e imprevedibili, a costringerci a cercare più lontano la soluzione. Tanto più questo succede nella quarta sezione, “Prospettiva inversa”, dove ormai il senso è sentimento, e il mondo è il sonno dei bambini, e per questo sembra bastare a sé, Primo Motore di se stesso. […] ora l’intuizione è tutta terrena, tutta tenera e carnale. Arrivati sino in fondo, eccoci pronti quindi per iniziare un viaggio di ritorno. L’argomento della quinta sezione, “Tra visione e forzatura”, è l’amore, quello che si erge spavaldo o quello che è lenta ispezione di stanze. Comunque esso ci voglia apparire, si tratta di un sentimento concreto e forte, fatto di desiderio e presenza, ma anche definitiva metafora del rapporto tra immanente e trascendente, tra le cose e l’essere. È qui che si rivela nella maniera più chiara una certa vocazione epigrammatica dell’autrice, presente in realtà in tutta l’opera attraverso l’uso della rima di chiusura. Proprio nell’uso della rima, infatti, appare forte in questo libro la passione per il contrasto e gli accostamenti imprevedibili, sorprendenti, quelli che costringono il lettore all’affiancamento anche a distanza, attraverso il richiamo sonoro, tra parole e concetti in sé diversissimi. […] Passiamo dunque dall’amore umano a quello divino nell’ultima sezione, “Altro da Te”. Il percorso si chiude ritornando verso il punto di partenza; ma dialetticamente arricchiti, ora, dal viaggio che ha attraversato il mondo. Adesso all’essere astratto dell’inizio è stato associato un nome, una dimensione, un’identità. Non appare veramente separato dalle cose, e le cose stesse, attraverso la relazione con Lui, anzi con “Te”, iniziano a prendere un senso assai più definito di prima: l’ermetismo sembra ora quasi del tutto svanire in una contemplazione che è forse quasi più una conversazione […].
***
Poesie dal libro
Postulato
Nel tempo, dici, non c’è usura.
Dici che il tempo neppure esiste.
Ma di una cosa sono sicura:
noi siamo vivi, fatti di tempo
e il tempo è fatto a nostra misura.
*
Ma il corpo?
Nullatenente, è sempre fuori posto.
Non ha coerenza né confini o validi argomenti.
E ciò che sa lo tace, perché non ha mai prove.
Neanche se scorge un’ombra
seducente e lieve
infilarsi dalla postierla
cercare l’anima
fingersi fuoco per averla.
*
Se fosse come al tatto
distinguere un cappotto
o il frutto già maturo
saprei quando staccarti
dal gancio, dal tuo ramo.
Ma prima dell’evento
non c’è indizio.
E ciò che accade accade in un momento
che al compiersi rivela il suo sapore.
È questa la saggezza del destino:
non può mai dirci il tempo
se è propizio.
*
Leggerezza cresciuta nel sonno.
Al risveglio avrò solo
il peso della fronte
e sulle labbra la forza di chiamarti
dalla fonda, primissima fonte.
*
Maldestra memoria
che chiedi al tempo di posare.
I tuoi bozzetti sono pieni di lacune
se il solo modo di riuscire
è abdicare:
prostrarsi
e poi dipingere dal vero.
*
Ogni cosa ha il suo sogno
e il suo modo di offrirsi.
Quando è verde
dà profumo la legna.
Quando è secca si spacca.
Poi arde.
*
Si leva il giorno:
si fa accadimento.
Io ti aspetto
come il muro che ricorda il sole
e inganna con l’ombra
il suo spostamento.
*
Tardi ormai
si è piegato il glicine sui pergolati.
O troppo in fretta
il profumo ci ha incontrati.
Come il silenzio che precorre il suono
e ne fa superfluo il ricatto.
*
Niente fugge.
Io sono ancora qua
tra i tuoi fusi
azzurro fabulatore.
Riprendi pure il discorso di ieri.
Io sono ancora qua
nel mobile sipario
mite come un gregge tosato a metà.
*
Salirà
vedi già sale
sul pendio più erboso
una docile mandria
di parole
e su tortuose scale
con la giara piena
la fedeltà a ogni cosa.
Salirà
anzi è già qua
la scintilla in cerca
della sua matrice
come adesso
alla tua bocca sale
il mio silenzio audace
e là trova
la sua pietra focaia
la sua pace.
*
Le ore della distanza
Docile alla memoria, legata
al suo albero maestro
mi preparo al beccheggio
amorevole dei rostri.
Ma tu torna e sciogli
il nodo, fai che ceda
prima dell’approdo
alla sirena
che conosce la spinta da sotto
la carena.
*
Penso a quando c’eri
come si guarda e si riguarda un quadro.
Cerco il dettaglio traditore
nel cartiglio e nel guizzo
della salamandra
lo zampino del pittore
con la firma
tra il pizzo di fiandra.
Ma neanche l’invecchiare mi rivela
in che punto la bellezza
è fuoriuscita dalla tela
e se per caso
o per volere
eravamo
l’esempio migliore
di un falso d’autore.
*
Sulla scogliera scoscesa
sull’ultima zolla indivisa
dove è confitta la tua bandiera
resta.
Contro il petto fatti serrare
come uno scudo
contro la tempesta.
Solitudine
resta.
***