L’ultimo quarto del giorno
La Vita Felice, 2018
Scansione del tempo interiore
Dalla prefazione di Francesco Dalessandro:
[…] La divisione in passato, presente e futuro è dunque una convenzione. Nell’unità della coscienza – idealmente aperta alle molteplici possibilità che la vita ci riserva e che, in certo modo, noi stessi ci procuriamo – quei momenti sono un unico momento. Ciò che li caratterizza e distingue l’uno dall’altro è la qualità, o il valore che ognuno ha per noi. Se, come pensa Heidegger, l’essere si manifesta e si nasconde nel tempo, ognuno di quei momenti (vita in atto, aperta ai nostri sensi, perciò esperibile) è sia il luogo che permette all’essere di manifestarsi nella sua concretezza, sia quello che gli impedisce di rivelarsi nella sua interezza; in altre parole: quel che ognuno di noi è viene rivelato e celato nello stesso momento, quel che si vede e quel che non si vede sono altrettanto veri. […] In una breve nota anteposta al libro, l’autrice spiega che, secondo la tradizione ebraica, il giorno di Dio si divide in quattro parti e che nell’ultimo quarto, dopo aver svolto tutte le funzioni che gli competono come reggitore dell’universo, l’Eterno gioca con il leviatano nel mare. È all’ultimo quarto del giorno – ed eccoci al titolo del libro – che l’autrice s’interessa: un tempo ben determinato, metafisico più che fisico: via via che la scrittura poetica procede, esso si rivela come lo spazio-tempo ideale che riguarda la riflessione, i sentimenti, le occasioni e le intenzioni del pensiero, ovvero l’inconscio. […] Se interpreto la metafora nel modo giusto, è quello che riserviamo alle attività che coinvolgono la parte più vitale (e a volte più privata) della nostra personalità […]. È insomma il tempo del disimpegno; sono le ore in cui il dovere è lasciato alle spalle, al passato e al futuro, e la dimensione presente è dedicata sia al piacere (non autocompiacimento, ma spazio disinteressato, pura gratuità), sia all’esplorazione. E la modalità in cui l’essere – in questa dinamica di rivelazione-nascondimento di sé nel tempo – può più facilmente fluire da un suo manifestarsi all’altro, e più agilmente passare dalla potenzialità all’esperienza e, con l’esperienza, sfaccettandola, alimentare la potenzialità, è proprio il “gioco”.
***
Poesie
Viviamo
e vogliamo narrarci.
Ma si sfa ogni racconto
nel dirsi:
non c’è filo, né trama.
Solo esiste
uno stare nel mondo
(sia sul fondo
che sul pelo dell’acqua).
Solo questo ci basti
e ci prema:
abitare chi siamo.
*
La mia fronte
invecchia.
La mano destra
invece non ha età
quando ti tocca.
Il mio buio
è ora calibrato
a istanti luce
dai tuoi occhi.
Tra l’anima
e la bocca
hai provocato
un’incosciente gara
verso l’eternità.
*
Il passato non resiste.
Nessuno dei suoi angoli
rimane, solo
l’arco
su cui insiste:
dosso di terra
aderente al nostro passo.
Da qui
si avvista l’orizzonte.
Perché il passato
(se esiste)
è quest’assenza
che riempie l’aria
incrina serpentina
il cielo
preme convessa.
È il temporale
che lampeggia
che corteggia
la circonferenza
ma poi non si avvicina.
*
Le mani intrecciate
mio amore
tentiamo il passaggio
dalla febbre notturna
al coraggio
ma intatti
ricadiamo nel sonno
sotto le palpebre
un’onda
una stessa luce di luci
come acqua che tiene
due relitti sul fondo.
*
Dentro di noi
una stagione convulsa
come di erbe
in periferie notturne.
Sul nulla un nulla diverso
ha la sua rivalsa.
Non fa in tempo
la morte
a chiudere nel passo
le forme affaticate:
la vita s’impossessa
delle ombre
dà loro febbrili
feconde parvenze
e troppo vasta
nel sogno
supera i confini
del suo regno.
*
Ti parlo
come l’erba
alle pietre
tra cui s’insinua
finché il muro
cede
dove lei cresce,
più umida la sera.
Nelle tue crepe
nella tua immota fuga
ch’io sia
quel corpo estraneo
vivo
attorno a cui ti sfaldi.
E sul confine
che segni involontario
sia dolce anche l’incuria
la rovina
il mio verde
abbracciato
alle macerie.
*
I nomi
che oggi non hai dato
non sono persi
allora:
impronte
di animali sconosciuti
che ogni tanto
rallentano la corsa.
Ciò che prima
era nascosto nell’assenza
reclama
la cattura.
Il tempo s’affolla
di ritardi
e così matura:
dove torna
ritrova rinnova
semi radici
sguardi.
*
Un uomo nasce
e nasce in lui una musica:
lascito
per gli antichi
delle rotanti sfere
musica non udita
scambiata per silenzio
perché ininterrotta
originaria.
Così – mi dico –
insieme a quella
ci abita forse
un suono diffuso naturale
di abbandono
che in ogni evento fa vibrare
da subito la fine
e nell’amore
un presentimento.
*
Si scava una parola
come nel tufo
una nicchia
che accolga cari
simulacri.
Nasce dal vero
l’immagine amata
e dal corpo assente
il verso
che lo invoca, che tenta
di farsi nel tempo
compenso
riparo.
*
Osservi i fuochi sui versanti
code di volpi
complici dei venti
corse lontane
che non ti incendieranno.
Le riconosci dagli spalti
(perché prossime a presagi)
o dai fondaci più unti
della notte.
E intanto credi
che il tempo ti conceda
un riparo una più lenta
misura di congedo.
Dunque non sai
che in parte e per intero
l’amore è fatto
di cominciamenti?
*
Rivelazione
Senza più presa
su pareti d’aria
il Niente. Neppure
una caduta
ma un cadere
che stacca il tuo pensiero
dal corpo viscoso delle cose
di colpo tutte uguali indifferenti
e ti rivela a te
non-ente
diverso dal presente degli oggetti
separato
timbro sonoro
gettato in una voce
ma ex-sistente
fuori da quella:
foce incessante
che riversa nell’altrove
la domanda
e la ritrova
possibile, rinata
alla sorgente.
*
Nella vita pare che tutto
vada restituito.
Il crollo del corpo
alla sua lievità
il dolce di un labbro
alla prima matrice
il fuoco guerriero
al fodero di pace
la bellezza (sempre)
all’alterità
la verità di un’arte
all’insieme e l’insieme
alla più piccola parte.
Va riportata
ogni prova di amore
al mistero
e lasciata
fuori dall’inventario
una cosa soltanto
un fendente di gioia
assoluta insolente
non necessaria.
*
Piccoli accorgimenti
Deglutisci
se ad alta quota
un antico vuoto
fa male.
Se piove a vento
dentro le parole
aspetta.
Quando indivisa
è la notte
non la spartire
neppure con l’amore
guardala
da sotto
cercane l’odore
di scura mammella
– nessuna patria
nessuna risposta –
solo una lenta
animale
suzione di stelle.
E vedrai
un giorno
la notte finisce.
Deglutisci.